Azienda pubblicizza una “class action” contro una banca locale

Il CTCU: attenzione a qualsiasi firma!

 

Di recente alcuni consumatori hanno segnalato al Centro Tutela Consumatori Utenti (CTCU) di aver ricevuto, a mezzo posta, un invito. L'invito fa riferimento ad una serie di incontri pubblici, durante i quali verrà presentata una “class action” da parte di azionisti contro una banca locale. La particolarità è che i destinatari dell’invito sono davvero azionisti della banca, e quindi interessati direttamente dal contenuto della lettera.

La lettera proviene da una “società” e non da un'associazione non-profit oppure da un’associazione di consumatori, come alcuni azionisti avevano inteso. In buona sostanza, si tratta di qualcuno che offre l’organizzazione di cause legali per ricavarne un qualche profitto anche per sé.
Sebbene il sito web a cui la lettera rimanda e che riporta lo stesso logo presente nella lettera, parli di un "associazione", nella stessa carta intestata gli autori si indicano come una "società a responsabilità limitata semplice". L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, interpellata, si pronuncerà su queste ambiguità.

Il CTCU guarda all'intera vicenda con un certo scetticismo. Chi si occupa da vari decenni di tutela dei consumatori in Alto Adige si interroga sul modello di business proposto: un'azione collettiva è, infatti, caratterizzata dal fatto che il singolo non si fa carico né dei rischi, né dei costi scaturenti dall’azione; la domanda è quindi: da dove proviene il profitto per la società che propone l’iniziativa?

Le “class action” introdotte nell'ordinamento giuridico italiano si basano in realtà sul principio che organizzazioni rappresentative senza scopo di lucro agiscano come attori; infatti, esiste un elenco di tali organizzazioni, di cui in Alto Adige fa parte, attualmente, soltanto il CTCU. Questo perché non appena un'azione collettiva viene ammessa dal tribunale di competenza, viene aperto un registro pubblico corrispondente e gli interessati possono iscriversi, senza l'aiuto di alcun legale e gratuitamente.

Ci preoccupa vedere che avvocati, movimenti o addirittura imprese si spaccino per “associazioni” e cerchino di coinvolgere le persone rimaste vittime di pratiche più o meno scorrette, prospettando loro di aderire ad una “class action”: non è poi la prima volta che ci vengono segnalate simili iniziative pubbliche.

"Il mio consiglio è di controllare molto attentamente ciò che vi viene richiesto di firmare", afferma Gunde Bauhofer, direttrice del CTCU, "e di essere molto cauti nell’apporre la propria firma su qualsiasi documento. Soprattutto in caso di azioni collettive secondo il nuovo modello di contenzioso, sono previsti termini assai lunghi per aderire alle eventuali azioni ammesse; addirittura si può aderire a verdetto raggiunto. Pertanto, non bisogna assolutamente avere fretta nel conferire incarichi o mandati o aderire per iscritto all’azione." I promotori di simili iniziative prevedono quasi sicuramente una (loro, lauta) partecipazione al risultato economico conseguito;  vi potrebbero essere anche costi da sostenere in anticipo. È poi anche possibile che non venga presentata alcuna "vera" azione collettiva, bensì piuttosto una causa per un piccolo gruppo di interessati (in questo caso, azionisti della banca): i vantaggi di una vera azione collettiva - nessun rischio, nessun costo - non sono dati in questo caso, e gli attori potrebbero quindi doversi accollare i costi e il rischio connesso all’avvio di dette cause.

A margine, ci si chiede anche come la società che ha inviato gli inviti di cui detto sia entrata in possesso dei dati degli azionisti. Gli indirizzi delle persone interessate non sono pubblicamente disponibili. Il CTCU sta approfondendo anche questo aspetto della vicenda: Il registro degli azionisti di una società è, di per sé, sì accessibile al pubblico, in quanto così prevede la legge, ma in tale registro si trovano solo i nomi, i codici fiscali e il numero delle azioni possedute. Per avviare questa campagna pubblicitaria “mirata” si è quindi cercato di abbinare questi dati a quelli provenienti da altre fonti, come gli elenchi di indirizzi in vendita: è quindi legittimo chiedersi se questo modus procedendi sia lecito oppure no.

Per chi volesse sapere come tale azienda sia entrata in possesso dei dati personali, è disponibile un modulo ufficiale, scaricabile dal sito del Garante per la protezione dei dati personali: https://www.garanteprivacy.it/garante/document?ID=9038275.

Il servizio di consulenza del CTCU è a disposizione di tutti gli interessati, anche per verificare eventuali richieste di risarcimento nei confronti degli attori locali.

 

 

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