In base al grado di lavorazione, la classificazione NOVA suddivide gli alimenti in diverse categorie: 1. Cibi non trasformati o minimamente trasformati (ad es. verdura, latte), 2. Ingredienti culinari lavorati (ad es. olio, zucchero), 3. Cibi lavorati (ad es. pasta, pane) e 4. Alimenti ultra-lavorati (ad es. bevande, dolciumi, cereali per la prima colazione, snack salati, zuppe istantanee e molti altri). Non esiste, tuttavia, una definizione riconosciuta per legge di tali categorie.
Gli alimenti ultra-lavorati (ultra-processed foods) vengono prodotti industrialmente con l’utilizzo di diversi ingredienti perlopiù “non naturali” e/o economici (ad es. sciroppo di glucosio/fruttosio, proteine isolate, additivi alimentari). Ciò consente ai produttori di ottenere elevati margini di profitto. Questi prodotti sono costituiti da una lunga serie di ingredienti e in genere sono ad alto contenuto energetico (calorico) nonché di grassi, acidi grassi saturi, sale e zuccheri aggiunti, mentre sono poveri di vitamine, minerali, fibre e sostanze vegetali secondarie.
Soprattutto nei Paesi ad alto reddito, a tavola, gli alimenti ultra-lavorati stanno subentrando a mano a mano ai cibi naturali e ai pasti preparati sul momento. In Germania, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti la metà dell’apporto calorico giornaliero proviene probabilmente da cibi ultra-lavorati. “Questi alimenti sono, infatti, disponibili quasi ovunque e spesso sono più economici degli alimenti freschi e non trasformati, inoltre sono ampiamente pubblicizzati dall’industria alimentare e hanno un sapore intenso – grazie alla presenza di aromi artificiali ed esaltatori di sapidità”, spiega Silke Raffeiner, nutrizionista presso il Centro Tutela Consumatori Utenti (CTCU). “Nella maggior parte dei casi sono già pronti per essere consumati o devono essere solo riscaldati”.
Le organizzazioni nutrizionali e l’OMS considerano questo sviluppo critico. Gli studi indicano che gli alimenti ultra-lavorati possono essere dannosi per la salute: un consumo elevato di questo tipo di cibi, infatti, viene associato a malattie infiammatorie croniche, malattie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2, obesità, cancro, demenza e depressione. Oltre al basso valore nutrizionale, anche la formazione di composti potenzialmente nocivi durante il processo di lavorazione potrebbe essere in parte responsabile di queste malattie. Inoltre, sembra che il consumo di questi cibi produca un effetto negativo sulla composizione della flora intestinale e sul sistema immunitario.
Sarebbe quindi consigliabile limitare il consumo di alimenti ultra-lavorati e preferire, quando possibile, cibi freschi, naturali o minimamente trasformati.