Cos’è un bitcoin?
La parola bitcoin si compone di “bit” e “coin”. Coin è la parola inglese per moneta, e “bit” è l’unità di informazione più piccola che un computer possa elaborare. Nel linguaggio comune, per bitcoin si intende una tipologia di “denaro digitale”, definiti anche “cripto-moneta” o “cripto-valuta”. “Cripto” deriva da crittografia, ovvero cifratura. Prima di poter però definire meglio cosa sono i bitcoin, dobbiamo fare luce su un altro concetto, inseparabile dai bitcoin, la cd. blockchain.
La blockchain
La blockchain è, come lascia intendere il nome inglese, una “catena di blocchi” di informazioni. Stando ai suoi inventori, le informazioni salvate nella blockchain (ovvero nel distributed public ledger, cioè nel “libro-giornale pubblico distribuito”) sono a prova di falsificazione, e hanno un ordine cronologico univoco. Questo, poiché ogni blocco contiene un rimando al blocco precedente. Le informazioni nella catena sono cifrate attraverso la crittografia, nel senso che le connessioni fra i vari blocchi sono messe al sicuro da falsificazioni (sostituzioni di elementi della catena). Anche le transazioni contenute nel libro-giornale pubblico sono crittografate per non essere falsificabili. Il libro-giornale stesso (contenuto e in ordine cronologico) non è cifrato.
A differenza di una banca centrale che regola l’emissione di nuove banconote, i nuovi bitcoin vengono creati risolvendo compiti crittografici tramite computer. Questo processo è chiamato “mining” (estrazione), e il numero massimo di bitcoin estraibili è fissato a 21 milioni, di cui una gran parte sono, ad oggi, già stati estratti.
Come ottengo dei bitcoin, e come li spendo?
I bitcoin, di solito, vengono gestiti attraverso un portafoglio elettronico, un cd. “e-wallet”. E’ importante chiarire anzitempo quali costi comporta l’uso di un determinato e-wallet. Anche i pagamenti vengono gestiti in egual modo. In alternativa, è possibile usare un software per bitcoin locale. I wallet al momento non sono regolamentati in modo univoco, anche se in Europa si registrano iniziative del legislatore comunitario. I wallet commerciali sono già soggetti a diverse regole, a seconda del loro paese di appartenenza, come ad es. l’obbligo di identificare i loro clienti o segnalare i casi di uso sospetto. Con le norme prospettate dall’Unione Europea, volte a combattere il finanziamento al terrorismo e a contrastare il riciclaggio di denaro sporco, questi obblighi sono destinati a moltiplicarsi (le norme non coprono i wallet gestiti in proprio).
Per cosa posso usare i bitcoin?
Vi è tutta una serie di prodotti e servizi che si possono acquistare con i bitcoin, dal password-manager, che garantisce l’assoluto l’anonimato, alle macchinette che vendono la pizza. I bitcoin sono però spesso anche al centro della critica in quanto vengono usati per scopi criminali, appunto poiché sono del tutto anonimi, e quindi impiegabili anche nel pagamento di riscatti, in caso di rapimento, ma anche di blocco dei dati online attraverso i “ransomware”.
Quanto valgono i bitcoin?
Il prezzo dei bitcoin si definisce attraverso un meccanismo simile a quello della borsa, ed è dato dall’incontro di domanda e offerta. In quanto nessuna banca centrale garantisce per questa criptomoneta, il corso dei bitcoin è soggetto a notevoli fluttuazioni. Per questo motivo la definizione “criptovaluta” è fuorviante: le valute reali sono garantite dagli Stati oppure dalle Banche centrali, le critpomonete si basano invece solo su catene di blocchi di informazioni. Che le fluttuazioni non siano di poco conto, lo mostra l’andamento del prezzo dei bitcoin negli ultimi mesi:
Corso bitcoin marzo 22 - aprile2023, fonte: finanzen.net
A causa del meccanismo di formazione del prezzo, il corso dei bitcoin è estremamente suscettibile a fattori esterni: recentemente è bastato, ad esempio, un post su twitter del patron della Tesla, Elon Musk, in cui lo stesso spiegava che Tesla non avrebbe più accettato pagamenti in bitcoin, a far crollare il valore del bitcoin del 15%.
Bitcoin come investimento
Questa suscettibilità a forti fluttuazioni è anche il motivo per il quale i bitcoin sono da considerare un prodotto di investimento “altamente speculativo”: può investire in bitcoin solo chi è disposto a perdere anche tutto il proprio capitale investito, ed è quindi pronto a sopportare una simile perdita finanziaria. Per risparmiatori prudenti, che seguono mete di investimento e risparmio “sicure”, ciò si traduce nell’imperativo: “via le mani dai bitcoin”! I bitcoin quale strumento di pagamento, se acquistati poco prima di essere spesi, hanno invece un rischio più basso e quindi, in genere, tollerabile anche dai non addetti ai lavori.
Le altre cripto-monete: Doge-Coin & Co.
I bitcoin non sono l’unica cripto-moneta in circolazione; ne esistono infatti parecchie altre come ad es. Ether, Ripple o Doge-Coin, ottenibili attraverso le rispettive piattaforme.
Attenzione però: a luglio di quest’anno (2021) la Consob, l’Autorità che vigilia sui servizi e gli investimenti finanziari in Italia, ha emanato un avviso nei confronti della piattaforma Binance, in quanto, a suo dire, tutte le somme ivi investite potevano andare perdute. Il senso di questo avviso può essere comunque applicato a tutti i tipi di “cripto-asset”, indipendentemente dalla piattaforma di commercializzazione.
Attenzione poi alle cripto-valute fasulle!
Oltre alle cripto-monete realmente esistenti, negli ultimi anni sono proliferate anche cripto-monete fasulle, dietro le quali si celano, in genere, veri e propri sistemi illegali di vendite cd. piramidali, moltiplicando quindi il rischio di perdite finanziarie legate all’acquisto di cripto-denaro. Fra i più conosciuti di questi sistemi si può citare il caso “OneCoin”, che, secondo le Procure di molti Stati, ha fatto perdere a moltissimi investitori nel mondo ben oltre 4 miliardi di dollari (il sistema ha operato per un certo tempo anche in Aldo Adige). In 20 Paesi sono in corso indagini contro gli esponenti di punta di tale sistema. In Italia, l’Antitrust ha identificato OneCoin come un sistema piramidale illegale, comminando alla società una sanzione di ben 2,6 milioni di euro.
Cripto-valute dannose anche per l’ambiente?
Il mining delle criptomonete consuma molta energia. Le critiche sono in particolare rivolte ai bitcoin, in quanto essi vengono spesso “estratti” in Paesi nei quali l’energia elettrica è prodotta con combustibili di origine fossile, con tutte le conseguenti ripercussioni negative (emissioni di CO2) per l’ambiente. A maggio del 2021, una sola transazione in bitcoin consumava circa 1.200 kWh di energia elettrica; a confronto, per un pagamento con carta di credito, servivano solo ca. 1,5 wattore (= 0,0014863 kWh).
Bitcoin e tasse
L‘Ivafe (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero) non è dovuta per i bitcoin e le criptovalute in generale. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha previsto l’obbligo di indicare gli investimenti digitali detenuti nel riquadro RW del modello di dichiarazione dei redditi. Il valore che dovrà essere indicato nel riquadro RW è il controvalore in euro (calcolabile sulle rispettive piattaforme) degli investimenti digitali detenuti.
A partire dalla dichiarazione dei redditi del 2024, dovrebbe essere introdotto l’obbligo di dichiarazione delle plusvalenze che superano la somma di 2.000 euro. Se le criptovalute vengono rivendute e/o lo scambio della valuta digitale in un'altra valuta avviene con un guadagno superiore a 2.000 euro, sarà dovuta l'imposta sulle plusvalenze del 26%. In alternativa si parla della possibilità di pagare un'imposta pari al 14% sul valore del crypto asset, come valutato al 1° gennaio 2023.
Tirando le somme ...
Non fatevi dunque allettare da termini altisonanti e facili promesse di rendita: le cripto-monete sono un prodotto di investimento altamente speculativo! A causa delle forti oscillazioni del loro valore è, come detto, possibile che anche tutto il capitale investito “evapori” in brevissimo tempo. L’Unione Europea sta attualmente elaborando nuove regole che mirano a regolamentare in modo uniforme le cripto-monete, i wallet e le relative piattaforme; sta anche lavorando all’introduzione del cd. “euro digitale”, che dovrebbe diventare il sostituto – regolamentato – dei “coin”.