Il termine inglese craft beer (to craft = realizzare a mano) viene usato per indicare birra prodotta artigianalmente da birrifici indipendenti di dimensioni generalmente ridotte.
Il movimento della birra artigianale è nato negli Stati Uniti, dove negli ultimi decenni la craft beer si è sviluppata come idea alternativa alla birra industriale rifacendosi ai metodi di produzione tradizionale. Oggi negli USA esistono circa 4.000 microbirrifici (microbreweries) e nel frattempo questo movimento è arrivato anche in Italia e in Germania. Specialmente in quest’ultimo Paese, i birrifici annessi alle locande vantano già una lunga tradizione, ma anche in Italia tale tendenza ha portato all’apertura di un numero sempre crescente di microbirrifici.
“Come le birre industriali, anche quelle artigianali vengono prodotte con acqua, malto, luppolo e lievito”, spiega Silke Raffeiner, nutrizionista presso il Centro Tutela Consumatori Utenti dell’Alto Adige. “Nel caso delle birre artigianali, si usano in parte tipi speciali di lievito e/o malto e si utilizzano metodi di fermentazione particolari come la luppolatura a freddo. Secondo questo processo, dopo la fermentazione primaria si aggiunge alla birra un’ulteriore quantità di luppolo per ottenere un gusto particolarmente aromatico”. La craft beer, infatti, si distingue spesso per le sue note aromatiche individuali, parzialmente fruttate, e/o per l’utilizzo di ingredienti regionali. Esistono anche birre artigianali sperimentali prodotte con erbe, spezie, frutti (per es. bucce d’arancia), chicchi di caffè e castagne, tutti ingredienti che in genere non vengono utilizzati per produrre la birra classica. Queste birre non sono contemplate dal Reinheitsgebot (legge sulla genuinità della birra) tedesco, ma in compenso offrono al palato nuovi sapori.