Come funziona la “marcatura naturale” di frutta e verdura?

Cresce sempre di più la consapevolezza di consumatori e consumatrici rispetto ai rifiuti da imballaggi inutili. Tuttavia uno studio condotto a giugno 2019 dall’Associazione austriaca per l’informazione dei consumatori (Verein für Konsumenteninformation) mostra che, nei supermercati, oltre il 60% di mele, carote, cetrioli, peperoni e pomodori vengono commercializzati in imballi di plastica; la percentuale supera addirittura il 70% se consideriamo i discount. La cosiddetta “marcatura naturale” (in inglese Natural Branding) può contribuire a ridurre i rifiuti da imballaggio. Grazie all’utilizzo della tecnologia laser è infatti possibile marcare in modo duraturo la buccia di frutta e verdura, come ad esempio apporre un logo. Il raggio laser modifica solamente i pigmenti cromatici dello strato più esterno. Poiché la buccia non viene intaccata, la durata di conservazione della frutta rimane invariata. La buccia marcata è anche commestibile.
“Ad oggi è proprio la merce biologica ad essere spesso immessa sul mercato confezionata, per escludere che venga confusa con la merce tradizionale“, si rammarica Silke Raffeiner, nutrizionista del Centro Tutela Consumatori Utenti. “Grazie al Natural Branding, si potrebbero proporre più prodotti sciolti, e quindi non confezionati, di quanto si faccia ora. A differenza di un adesivo, la marcatura laser presenta anche il vantaggio che non può essere rimossa“.

La marcatura naturale funziona al meglio con la frutta a buccia dura come i meloni. Già dal 2013 la procedura laser è ammessa dall‘UE. Nel frattempo questa tecnologia è stata ulteriormente sviluppata e ora anche zucchine, cetrioli, pesche e kiwi possono essere marcati. Per tipi di frutta più morbidi, tuttavia, questo procedimento non è adatto.

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