Anche la scelta tra voucher e rimborso dovrebbe spettare al consumatore. In una lettera al Sottosegretario Morani le proposte di Assoutenti, Adusbef, Assoconsum, Confconsumatori, CTCU e Movimento Consumatori.
Roma, 24 luglio 2020 - E’ troppo stretto il termine alle richieste di rimborso per le prestazioni non offerte durante il periodo di lockdown che esce dalla conversione in legge dei Decreti Rilancio e Cura Italia (L. 77/2020): di fatto i consumatori hanno tempo dal 18 luglio al 18 agosto per chiedere il rimborso (o comunque soli 30 giorni se l'evento viene cancellato dopo). Inoltre, la scelta se rimborsare in denaro o per voucher la fa l'impresa, e non il consumatore.
Adusbef, Assoutenti, Assoconsum, Confconsumatori, Movimento Consumatori e CTCU - Centro Tutela Consumatori e Utenti hanno chiesto al Sottosegretario allo Sviluppo Economico e Presidente del Consiglio Nazionale Consumatori Utenti Alessia Morani di farsi portavoce con il Governo di alcune proposte migliorative dell’assetto normativo che regola la richiesta di ristoro per beni e servizi già pagati e poi non goduti durante il lockdown.
“Un passo avanti e due indietro” questo il commento delle Associazioni riguardo alle nuove norme invigore con la conversione del decreto rilancio che riguardano in particolare le attività sportive (art.216 Decreto Rilancio) e i biglietti per attività culturali (art.88 Decreto Cura Italia). “Il passo avanti lo si ha dalla conferma che per i servizi non prestati vi è diritto al rimborso – due passi indietro poiché la scelta tra voucher e rimborso in denaro spetta all’impresa, e poiché per far valere le proprie richieste è concesso un termine fin troppo breve, per giunta nel periodo vacanziero per eccellenza”.
Le associazioni segnalano anche un effetto confusione che complica ulteriormente le procedure di ristoro da parte di utenti e consumatori, dovuto al rimando interno tra le norme (quella contenuta nel "Cura Italia", se non esaminata insieme al "Rilancio", parrebbe addirittura dire che il termine sia già scaduto, ma fa testo sempre il 18 agosto 2020) e alla disomogeneità del metodo che si è scelto di applicare ai diversi settori oggetto di richiesta rimborso/voucher. Per la cultura si prevede infatti esclusivamente un voucher da utilizzarsi entro 18 mesi, per le attività sportive si può da subito chiedere il rimborso, mentre per altri settori le regole sono ancora diverse: per i viaggi cancellati il rimborso diventa realtà solo in caso non sia possibile utilizzare il voucher entro 12/18 mesi (art. 88 bis Decreto Rilancio), per gli abbonamenti al trasporto ferroviario e locale si parla di rimborso o estensione temporale del titolo di viaggio senza entrare nel merito delle tempistiche (art.215).
Le associazioni chiedono quindi al Governo di intervenire per:
- concedere ai consumatori un anno di tempo dall’entrata in vigore delle misure di lockdown per richiedere il rimborso o l’emissione del voucher. È inaccettabile concedere solo 30 giorni e con una scadenza che va a ricadere in pieno periodo estivo.
- un modus unico, che preveda sempre un margine di negoziabilità a favore del rimborso, da applicare a tutti i settori in cui si configura la possibilità di ristoro. Una soluzione potrebbe essere quella di adottare la misura pensata per i viaggi, laddove qualora i voucher non sono utilizzati entro 12/18 mesi diventano rimborsabili. Il voucher si adatta bene alle esigenze delle imprese ma spesso non è la soluzione adatta al consumatore (specialmente quando questo si trova in difficoltà economiche).
- modalità semplici, immediate e non onerose per ottenere il ristoro.
“Ci eravamo espressi a favore di un intervento risolutivo ad hoc delle tante questioni giuridiche irrisolte - concludono le scriventi - ma il legislatore, per sciogliere il nodo delle richieste di rimborso, ha dato per il momento una chiara preferenza alle esigenze delle imprese: ci aspettiamo ora un intervento per riequilibrare le cose tenendo conto anche delle esigenze dei consumatori”.