Cos’è l’acido fitico e come si può ridurre il suo tenore?

Frutta a guscio, semi, legumi e cereali contengono – in ordine crescente - una considerevole quantità di acido fitico. Nelle piante, questa sostanza, costituisce un deposito di fosforo utile alla futura crescita del germoglio.
“Nell’alimentazione umana, l’acido fitico è considerato invece un ingrediente indesiderato, in quanto può legare a sé in modo indissolubile ferro, zinco, calcio e magnesio presenti nell’intestino”, spiega Silke Raffeiner, nutrizionista presso il Centro Tutela Consumatori Utenti. “I minerali che si legano all’acido fitico non possono più essere assorbiti dal sangue e pertanto non sono più utilizzabili dal nostro organismo”.

La dieta occidentale, che tradizionalmente è povera di prodotti integrali, comporta l’assunzione di circa 200-300 milligrammi di acido fitico al giorno. Con una dieta vegetariana, tale quantità può superare invece i 1.000 milligrammi al giorno. I risultati di alcune ricerche suggeriscono che i pasti con un alto contenuto di acido fitico possono portare il livello di assorbimento dei minerali presenti negli alimenti a circa un terzo rispetto al loro contenuto originario.

Alle nostre latitudini, la maggior parte delle persone non rischia una carenza di minerali dovuta all’acido fitico. La situazione è diversa, tuttavia, per i bambini al di sotto dei sei anni, le donne in gravidanza e le persone che seguono una dieta rigorosamente vegetariana o vegana, poichè sono più inclini a sviluppare una tale carenza.
A tali categorie di persone a rischio viene consigliato infatti di utilizzare delle apposite modalità di preparazione di legumi e cereali, volte a ridurrne il contenuto di acido fitico. Fortunatamente ne esistono diversi di questi metodi di preparazione che hanno la capacità di attivare l’enzima fitasi,  che è in grado di scindere chimicamente l’acido fitico.
Per ridurre il contenuto di acido fitico presente in legumi e cereali, basterebbe infatti metterli in ammollo nell’acqua per 24 ore, riducendo così il contenuto di acido fitico del 20-25%, contenuto che poi diminuisce ulteriormente con la loro cottura.
Inoltre, sia i legumi che i cereali sono adatti alla germinazione, durante la quale, nel corso di alcuni giorni, viene neutralizzato circa il 60% dell’acido fitico.
Anche i processi di fermentazione riducono il tenore di acido fitico. Durante la produzione di pane a lievitazione naturale, ad esempio, viene scomposta gran parte dell’acido fitico contenuto nella farina.

Non da ultimo, l’apporto di ferro, zinco e calcio può essere aumentato accompagnando i pasti principali con piccole quantità di verdure crude fermentate oppure alimenti che contengono per natura acido citrico e vitamina C (ad esempio gli agrumi). Frutta a guscio e semi, che sono particolarmente ricchi di acido fitico, dovrebbero essere consumati tra i pasti piuttosto che durante gli stessi. In questo modo, l’acido fitico ingerito influisce infatti in misura marginale sul pasto successivo.

È interessante notare, in questo contesto, che il microbioma intestinale delle persone che seguono una dieta vegetariana e che consumano cereali integrali presenta un’elevata attività di fitasi: sembra che una dieta ricca di acido fitico favorisca la colonizzazione nell’intestino proprio dei ceppi batterici che sono in grado di scomporlo.

 

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