Croissant, pasta, pizza: gli alimenti neri fanno tendenza. Una moda nata in Giappone che poi, partendo dall’Italia, si è diffusa in Europa.
Per colorare gli alimenti si usa il carbone vegetale, detto anche carbone attivo, di cui è consentito l’uso come colorante alimentare, identificato dal numero E153. Finora il carbone vegetale era impiegato come colorante per la crosta del formaggio ed in integratori, farmaci e cosmetici. Il carbone vegetale – composto per almeno il 95 per cento da carbonio puro – si ottiene dalla carbonizzazione e successiva depurazione di sostanze vegetali quali legna, torba o gusci di frutta secca.
Si sostiene che il carbone vegetale sia sano, contrasti la flatulenza, depuri l’organismo e aiuti a combattere i postumi di una sbornia o il jetlag. In medicina è utilizzato come carbone attivo per assorbire le tossine e come rimedio antidiarroico.
Si ritiene che il carbone vegetale non comporti rischi come additivo alimentare e chi consuma alimenti neri solo occasionalmente non ha ragione di preoccuparsi. Un consumo più frequente può invece comportare carenze di vitamine e di minerali e costipazione. Il carbone vegetale assorbe infatti sia le sostanze nocive che quelle nutritive preziose per il nostro corpo, delle quali quindi l’organismo non può più beneficiare. Il carbone vegetale influisce persino sull’azione dei farmaci. L’aggiunta di carbone vegetale nella produzione di pane e altri alimenti per i quali è vietata l’alterazione mediante additivi, non è in ogni caso consentita.