Previdenza e costi

Differenze dell'uno per cento e già uno stipendio netto annuo va perso

Covip pubblica i costi dei fondi pensionistici complementari aperti e chiusi per il 2019

Sono anche le piccole cose che, con il tempo, possono fare una bella differenza. Un esempio è quello dei prodotti previdenziali. Chi punta sulla previdenza complementare è in genere consapevole del fatto che è indispensabile colmare l’eventuale gap previdenziale che si potrebbe verificare nella vecchiaia. Come per molti altri strumenti finanziari, nella scelta di questa forma di risparmio a lungo termine è fondamentale riflettere bene sulla decisione da prendere oppure correggere eventuali decisioni sbagliate. Decisioni errate, per quanto in apparenza irrisorie, possono anche condurre a perdite finanziarie significative.

Il confronto
Diciamo subito che la decisione di aver aderito ad un fondo pensione complementare, sia rispetto all'inflazione che al fatto di aver optato per lasciare il TFR in azienda, è stata buona. Nel periodo 2014-2018 l’inflazione a Bolzano è stata del 5,1% e nel periodo 2009-2018 del 18,7%. Per gli stessi periodi il TFR è stato rivalutato rispettivamente del 9,40% e del 26,09%. Secondo la Covip, i fondi pensione complementari più importanti dell’Alto Adige hanno conseguito i seguenti rendimenti annui, medi, composti:

Il rendimento migliore rispetto al TFR è da ricollegare anche al fatto che, nel caso della pensione complementare, il risparmiatore si fa carico del cd. rischio di capitale. Si devono tuttavia considerare anche i vantaggi relativi al contributo versato dal datore di lavoro e alla tassazione, che sono nel complesso rilevanti.

Nella scelta del fondo pensione complementare “giusto” occorre anche analizzare nel dettaglio la rispettiva struttura dei costi. Come si può però avere una panoramica a tal riguardo, con i diversi costi diretti e indiretti che incidono sul capitale accumulato?

Scopriamo i costi della pensione complementare
L'Autorità di vigilanza del settore (Covip) prescrive che, al momento dell’adesione a un fondo pensione complementare, la corrispondente composizione dei costi deve risultare sotto forma di grafico nella nota informativa del prodotto e deve anche essere sottoscritta dall'aderente. I costi vengono rappresentati sinteticamente con il cosiddetto ISC, l’indicatore sintetico dei costi, e ciò per ogni singola linea di investimento. Esempi mostrano che, con un punto percentuale in meno di ISC e una durata lunga dell’investimento, risulta alla fine un +22% di capitale accumulato.
Pertanto, costi maggiori possono erodere il capitale e, quindi, i rendimenti. Fortunatamente è comunque possibile cambiare, in qualsiasi momento, il fondo pensione complementare, trasferendo ad un nuovo fondo anche la posizione maturata.

Un esempio. Un dipendente con uno stipendio lordo annuo di 26.000 euro, un versamento annuale di contributo pari a 2.400 euro (corrispondente all'intero TFR oltre all'1,1% ciascuno di contributo del lavoratore e del datore di lavoro), con un rendimento medio di mercato stimato elevato (ad es. 4%) in un fondo pensione aperto (ad es. Raiffeisen, Arca, …) e con un indicatore sintetico dei costi (ISC) pari all’1,35%, ottiene, dopo 30 anni di partecipazione al fondo, un capitale complessivo, finale di 109.461,97 euro.

Con lo stesso versamento in un fondo pensione chiuso (ad es. Laborfonds), con un ISC dello 0,35%, si ottiene, dopo lo stesso periodo di partecipazione, un capitale finale di 129.821,98 euro, quindi ben 20.360 euro in più! E questo è dovuto solo ai differenti costi applicati nei due casi!

È chiaro che la struttura dei costi non rappresenta l’unico criterio su cui basare la decisione di aderire a un fondo pensione complementare piuttosto che a un altro. È bene tuttavia evitare costose decisioni errate, dal momento che la minusvalenza finanziaria finale può essere pari a uno stipendio netto annuo e anche più.

Per il 2019 l’Autorità di vigilanza Covip ha da poco pubblicato i seguenti indicatori dei costi (ISC) per fondi pensione chiusi come il Laborfonds, per fondi pensione aperti come il Raiffeisen e per i piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP), quindi per quelle forme pensionistiche istituite su iniziativa delle banche e delle imprese di assicurazione e in cui il lavoratore dipendente non ha diritto al contributo del datore di lavoro. Sulla homepage di Covip (www.covip.it) sono pubblicati l’ISC e i rendimenti di tutti i fondi pensionistici complementari in essere. Ciò favorisce senz'altro un utile confronto.

Tabella: Covip, Indicatore sintetico dei costi (ISC) valori medi – valori aggregati al 31.12.2019

A confronto, i costi di Laborfonds, di Raiffeisen FPA e Arca FPA sono i seguenti:

Fonte: tutte le tabelle di dati di Covip.it, 12.2.2020

Tirando le somme
Per chi sta valutando di aderire ad un fondo pensione (secondo noi, una delle “priorità” del risparmio), oppure è già iscritto ad un fondo pensione, è quindi bene non considerare solo il passato, visti anche il livello (basso) dei tassi sui mercati finanziari ed i rischi legati al mercato azionario. Meglio semmai valutare bene la propria effettiva propensione al rischio e l’efficienza dello strumento di investimento da scegliere, senza tralasciare i costi connessi alle varie linee di investimento proposte dal fondo. Considerando i rendimenti attuali delle obbligazioni in genere - bassi o addirittura negativi - i costi potrebbero avere impatti dirompenti sul risultato finale dell'investimento.

Chi invece si sta avvicinando all'uscita da un fondo pensione – perché prossimo alla pensione - farà bene ad applicare il principio del cd. “life cycle”: un cambio dell'investimento verso linee prudenti oppure garantite protegge infatti il capitale da eventuali (gravi) perdite dei mercati finanziari.

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