Tariffazione telefonia fissa a 28 giorni

Il CTCU dice no a modifiche unilaterali della durata delle tariffe: non possono essere un pretesto per aumenti di prezzo “camuffati”!


Questione di grande attualità nelle ultime settimane è quella della tariffazione telefonica a 28 giorni. Da qualche tempo, infatti, i principali gestori telefonici (di recente, anche Sky) hanno provveduto o stanno provvedendo a modificare la periodicità del calcolo tariffario dei servizi offerti, portandola a 28 giorni e non più a mese. Attenzione, non stiamo parlando della periodicità della fatturazione, che è altra cosa!

Il CTCU ritiene che la modalità di tariffazione delle offerte, almeno di quelle riguardanti la telefonia fissa, così come anche di quelle ibride (fisso-mobile), debba essere e rimanere su base mensile o multipli del mese ed invita pertanto tutti i consumatori che abbiano subito, negli ultimi mesi, una modifica unilaterale del proprio piano tariffario ad inviare un formale reclamo al proprio gestore telefonico, qualora dalle fatture ricevute dovessero riscontrare che le tariffe vengano calcolate a 28 giorni e non più al mese. Il CTCU ha predisposto, a tal riguardo, anche una lettera-tipo, disponibile sul proprio sito (www.consumer.bz.it). I consumatori pertanto vengono invitati ad inviare il reclamo al proprio gestore e, trascorsi i 30/45 giorni previsti dalla Carta dei Servizi dei gestori, a contattare il CTCU al fine di valutare le ulteriori iniziative, anche a fronte di eventuali novità sulla problematica.

Si ricorda, infatti, che l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni con la propria delibera 121/17/CONS del marzo scorso, aveva stabilito che l'unità temporale di calcolo delle offerte per la telefonia fissa e internet da postazione fissa, così come anche delle offerte convergenti con la componente mobile (cd. ibride), dovesse avere come base il mese o suoi multipli e non i 28 giorni.
Solo le offerte relative alla componente mobile possono essere tariffate a 28 giorni.

I principali gestori telefonici – Tim, Wind Tre, Vodafone e Fastweb – hanno bellamente ignorato quanto disposto da questa delibera, continuando così a tariffare e anche a proporre nuovi contratti con tariffe calcolate a 28 giorni, ed è così che nei giorni scorsi la stessa AGCOM ha deciso di avviare procedimenti sanzionatori nei confronti degli stessi gestori per il “mancato rispetto delle disposizioni relative alla cadenza delle fatturazioni e dei rinnovi delle offerte di comunicazioni elettroniche”  

Si tratta di un vero e proprio “braccio di ferro” fra AGCOM e gestori interessati, i quali, a quanto risulta, hanno anche deciso nel frattempo di impugnare la delibera AGCOM di cui detto, davanti al TAR del Lazio (udienza prevista per il prossimo febbraio).


Il commento del CTCU

Il CTCU non contesta tanto l'aumento tariffario praticato dai gestori, in sé pur sostanzioso (8,6%, corrispondente, di fatto, ad un canone mensile in più all'anno) e comunque inviso ai clienti di servizi telefonici, quanto più le modalità con le quali gli stessi hanno deciso di praticare tale aumento, variando non direttamente il prezzo del servizio, bensì l'unità di misura per il calcolo dello stesso, e quindi agendo su di un elemento, di fatto, secondario del contratto per modificare di fatto l'elemento principale, cioè il prezzo! Un pratica, a nostro avviso, scorretta e da censurare e soprattutto, allo stato, in contrasto con una norma fissata dal Regolatore del mercato telefonico, cioè l'AGCOM.

I gestori affermano di aver praticato tale modifica contrattuale attraverso un uso – a loro dire – legittimo del cd. ius viariandi (cioè della clausola che consente la modifica unilaterale di condizioni del contratto, contenuta in pressoché ogni contratto telefonico in uso), pur previsto dall'art.70 del Codice delle comunicazioni elettroniche. E affermano inoltre che al cliente sarebbe sempre consentito recedere dal contratto in essere, nel caso in cui la modifica proposta non gli dovesse andare bene (sic!)...

Secondo il CTCU, l'uso dello ius variandi  nei contratti di servizio telefonico andrebbe regolamentato meglio, attraverso, ad esempio, la previsione di motivi “giustificati” e davvero validi, preventivamente previsti in contratto, e non perché deciso arbitrariamente dal singolo gestore. Lo stesso non può continuare ad essere impiegato in modo indiscriminato, abnorme e a proprio piacimento da parte delle compagnie telefoniche, come avvenuto egli ultimi anni (si veda, ad esempio, quanto dichiarato dalla stessa Telecom all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel corso del procedimento CV146 del 30 marzo 2017 – riguardante la vessatorietà della clausola di ius variandi nei contratti di questa Società:  “sono state effettuate negli ultimi 5 anni 43 rimodulazioni contrattuali unilaterali, per lo più costituite da operazioni di repricing, distinte in 28 per la telefonia fissa e 15 per quella mobile”).

Tanto più che il mercato delle offerte telefoniche è fra i meno trasparenti in essere e non consente, di fatto, ai consumatori di valutare adeguatamente, né facilmente, la convenienza o meno di un'offerta rispetto alle altre. Molte offerte propongono anche l'acquisto combinato di nuovi apparecchi (smartphone, modem e altri), magari anche attraverso l'uso di contratti di finanziamento di lungo periodo collegati e quindi il cliente viene in tal modo anche “fidelizzato” da un determinata compagnia.

Molti consumatori si chiedono: a che pro recedere da un contratto, in cui mi viene aumentato il prezzo, se poi anche gli altri gestori mi offrono contratti analoghi a condizioni più o meno simili a quelle del mio attuale gestore e magari anche quelli con tariffazione a 28 giorni? Come cadere cioè “dalla padella alla brace”...

Il CTCU saluta con favore le iniziative in corso affinché il Parlamento voglia, speriamo a breve, fissare normativamente un criterio univoco della tariffazione telefonica e si possa così finalmente porre fine a tali comportamenti vessatori dei gestori.
 

like-512_0.png

like-512_0.png

Top